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MICHAEL CLAYTON
(MICHAEL CLAYTON)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 ottobre 2007
 
di Tony Gilroy, con George Clooney, Tom Wilkinson, Tilda Swinton, Sydney Pollack, Michael O'Keefe (Stati Uniti, 2007)
 
Thriller giudiziario su un'anima nera? Come crederci, visto che dovrebbe trattarsi di quella evidenziata dal sorriso più irresistibile del cinema attuale (pure se qui tendenza leggermente ammosciato per via, malgrado tutto, del ruolo), novello Cary Grant, Jimmy Stewart, Gregory Peck, fate voi. Si ha un bel dire, George Clooney per la prima volta nel ruolo del cattivo: a parte che cattivo non é del tutto, nessuno ci marcia. E lui ne approfitta per portarsi gloriosamente il film sulle spalle.

Scritto e diretto da uno sceneggiatore (quello della trilogia BOURNE; ma con alle spalle la personalità di Steven Soderbergh), MICHAEL CLAYTON è un film di idee, più che di regia: nella sua efficace (magari un po' contorta e dispersiva) progressione, le sequenze registicamente memorabili sono solo un paio. Un attentato, sotto gli occhi tra l'indifferente ed il consapevole di un gruppo di cavalli dall'alto di una collina; e un suicidio, minuziosamente svelato per quello che è, omicidio. Per il resto, MICHAEL CLAYTON è uno di quei film di amalgama (di impegno civile, morale, “democratico”, alla TRE GIORNI DEL CONDOR) che agli americani sono spesso riusciti alla perfezione. Nei quali la presa di posizione, la redenzione dell'individuo conta più della filosofia in materia. Una storia di un “fixer” (un “ripulitore” che, all'interno dei grandi gruppi legali, serve a risolvere i piccoli ed i grandi passi falsi della clientela; oltre che dei titolari medesimi…) che finirà per ravvedersi nel proprio ruolo-spazzatura. Un affresco che si permea della grigia ambiguità della nostra epoca di successi avidamente quanto sbrigativamente consumati: progressivamente disincantato, disumanizzato. Esausto, come la cravatta allentata sulla camicia bianca, inappuntabilmente executive di George, la sua barba rigorosamente di due giorni. Film di attori, formidabili nel loro immergersi in un universo urbano dove il giorno e la notte, a somiglianza del bene e del male finiscono per confondersi (il tono, sempre elevato, del film deve molto alla fotografia di Robert Elswit); film di Clooney, naturalmente, (occhio alla credibilità del suo interminabile primo piano che chiude il film), ma pure di Wilkinson, di Sidney Pollack, della la più brava di tutti, la Tilda Swinton nei tailleur sudati di una perversa, apparentemente indistruttibile manager rampante su sfondo di skyline.


   Il film in Internet (Google)

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